Durante l’epidemia la maggior parte delle persone nel mondo è stata ed è a casa. Molti esperti e tuttologi in sedicesimo prevedevano che il tasso di fertilità sarebbe aumentato, ma in realtà il risultato è stato esattamente l’opposto. La pandemia di coronavirus ha un impatto ancora maggiore sulle giovani generazioni con posti di lavoro instabili e perdite economiche, che fanno riflettere i giovani due volte prima di sposarsi e avere figli.
Ad esempio il tasso di natalità del Giappone era già sceso a 1,36 nel 2019, il punto più basso in dodici anni. L’invecchiamento della popolazione è la tendenza generale, ma il nuovo coronavirus accelererà tale percorso. Il Nikkei ha riferito che i vincoli economici come la disoccupazione dei lavoratori informali condurranno i giovani a evitare il matrimonio e figli per un lungo periodo di tempo.
Le previsioni sulla popolazione del Giappone ritengono che il suo declino aumenterà gradualmente a partire dal 2021 e la crescita accelererà di anno in anno. Tale situazione non è limitata all’Asia. Secondo uno studio del Brookings Institute, un think tank di Washington, il numero di bambini che nasceranno negli Usa quest’anno potrebbe ridursi da 300 a 500mila rispetto al 2020, il che equivale a una diminuzione di circa il 10% nella media del Paese: ossia una popolazione annua di 3,7 milioni.
Il rapporto della Brookings Institution ha spiegato che una recessione più profonda e duratura significherà che il reddito vitalizio di alcune persone sarà ridotto e alcune donne non solo ritarderanno il parto, ma decideranno anche di avere meno figli.
E i dati storici hanno sempre dimostrato che il numero di nascite scema durante una crisi economica, e ad esempio la recessione dopo la ben nota crisi finanziaria del 2008 è la ragione per cui il numero di nascite negli Stati Uniti è diminuito di circa 400mila.
La disoccupazione è ovviamente il fattore più importante. Il sondaggio online dell’International Labour Organization ha rilevato che tra i giovani di 18-29 anni a livello globale, il 17,1% ha dichiarato di non aver lavorato dopo la pandemia e anche coloro che lavorano hanno ridotto il proprio orario di lavoro del 23%, determinando una grave diminuzione del reddito.
Fonte: Formiche.